Descrizione
Ogni venerdì santo, dal XIII secolo, lungo le vie di Gubbio sfila una processione pregna di sacralità. Alla luce di falò e fiaccole, al suono di un antichissimo canto in latino, il Miserere, che si è tramandato per secoli oralmente, al ritmo delle preghiere e del suono cupo dei penitenti con le caratteristiche battistrangole e il rumore dei passi lenti sul selciato, si richiama alla penitenza, alla purificazione e alla redenzione. La processione del venerdì santo di Gubbio rievoca i simboli della passione che sfilano portati da uomini in saio e incappucciati: sono il teschio che rappresenta il Golgota, l’uomo con la croce, altri uomini con croci, il calice, i 40 denari, la corda, la colonna, il gallo, i flagelli, la corona di spine, la scritta Inri, il velo della Veronica, il sudario, i chiodi, il martello, la spugna, la lancia, i vestiti di Gesù, i dadi, la scala, le tenaglie. Questi simboli sono proceduti dagli uomini della confraternita che recano in mano il battistrangole, uno strumento in ferro che, scosso, determina un suono lugubre e sordo e richiama la popolazione alla processione e alla sua sacralità. Seguono le statue del Cristo Morto e della Madonna Addolorata, entrambe preziose statue lignee, la prima si presume cinquecentesca, la seconda ottocentesca. Sono trasportate da uomini che indossano saio bianco con cappa nera (statua del Cristo) e saio bianco con cappa blu (statua della Madonna). Tutti i luoghi più significativi della storia di Gubbio sono raggiunti dal corteo: dal pietrone, antichissima pietra sacrificale che indica le origini pre-romane di Gubbio, ai conventi cittadini, all’ospedale, attraversando le vie del centro storico. In piazza San Pietro, Via Dante e Largo San Marziale sono accesi i fuochi e i bracieri. L’attenzione, il coinvolgimento con cui viene seguita la processione dai presenti determina una forte solennità e suggestione. di Chiara Zirino
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